lunedì 3 novembre 2008

News dal 98° Convegno Nazionale del Club Alpino Italiano - Scuola Alpina GdF - Predazzo

Per riallacciarmi a... chi è il socio CAI...

"Identità e ruolo del Club Alpino Italiano in una società in trasformazione"

Dal convegno, al quale ho partecipato con lo spirito di Socio CAI, cioè di colui che cerca di vedere l'intero sodalizio con un'apertura a 360° e non prettamente compartimentale, come spesso accade ed è accaduto nella nostra sezione, si è riscontrata la forte necessità di nuovo ruolo sociale del Club Alpino Italiano.

Un ruolo che va oltre gli aspetti ludico ricreativi e che si definisce sempre più come cerniera culturale tra i mondi e le culture della montagna e della città.
Il filo rosso che ha guidato gli interventi è stato il tema generale del congresso; in particolare il tema del confronto e della collaborazione con altre realtà associative, pur conservando ciascuno la propria specificità, è stato sottolineato dalla presenza dei rappresentanti della Federazione Italiana Scoutismo, un percorso che vede una comunione d’intenti per la formazione delle giovani generazioni. Un congresso quindi che rappresenta una svolta: CAI sentinella della montagna - per riprendere un invito di Paolo Rumiz in una lettera inviata al Club Alpino Italiano - e CAI aperto e portatore di identità molteplici che condividono una unità d’intenti.

Ho ripreso molte delle parole del Presidente Annibale Salsa. Parole che spiegano molto semplicemente quale molto probabilmente sarà il futuro del CAI. Un futuro che dobbiamo costruire e difendere con i denti, se non vogliamo che l'associazione sia perdente verso un nuovo mondo; se non vogliamo che scompaia dopo ormai 145 anni dalla sua fondazione.

In pratica un congresso che ha cercato di traguardare oltre il mero tecnicismo, che DEVE rimanere alla base della nostra associazione, ma che è ormai spoglio di un elemento fondamentale che ci ha legati fino ad ora... LA CULTURA. Stiamo perdendo ciò che è stabilito proprio nello Statuto Sociale, che ancora oggi, dopo 145 anni è più attuale che mai!
Art. 1 dello Statuto:
Il Club alpino italiano (C.A.I.), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.

Badate bene, non c'è scritto che è nato solo per l'alpinismo (per altro da non interpretare come singola disciplina a se stante)... Mi soffermerei però, senza denigrare gli altri scopi, a queste parole "in ogni sua manifestazione".
Alpinismo in ogni sua manifestazione. L'ho letto diverse volte e sono tornato a leggere quella frase ancora e ancora... ma cosa vuol dire?
Alpinismo in ogni sua manifestazione... penso che Quintino Sella intendesse l'alpinismo non la mera attività alpinistica, ma tutte le attività ludico ricreative e culturali che vengono svolte in montagna. E qui mi fermo evidenziando la parola MONTAGNA.

Per quel che mi riguarda, ripeto il concetto di un socio che conosco bene ormai da molti anni: sono un montanaro. Non sono un alpinista. Sono maturato, gli anni mi hanno condotto all'escursionismo, all'alpinismo, allo scialpinismo, e persino al canyoning.
Tecnicismi... Oggi posso dire che mi sento dentro ognuno di questi tecnicismi, e forse anche qualcuno in più, ma c'è davvero qualcosa che sta sopra a queste discipline, qualcosa che se non ci fosse le lascerebbe spoglie, qualcosa che solo l'amore e la cultura per i monti e per la loro gente mi ha dato. Qualcosa che ho imparato con il tempo, tramandata da persone che ne avevano compreso la forza e l'importanza, qualcosa che viene da dentro, perchè in fondo la montagna è dentro ognuno di noi.

Ed allora mi chiedo se è giusto che ognuno pensi semplicemente al proprio orticello o che guardi un tantino oltre il proprio naso, se ci si debba davvero arroccare su poltrone e portantine in attesa che qualcuno chieda udienza, se invece di pensare al proprio potere o clan si pensi ad un intento comune, quello di rinnovare una associazione che ha un'età media che va ben oltre quaranta anni. Un'associazione i cui ragazzi rappresentano solo il 9,44% dei soci e dove la fascia di età che va dai 16-17 anni ai 25 è praticamente inesistente, un'associazione che non da più stimoli ai giovani e che continua ad invecchiare con gli anni che passano e che spesso è divenuta il trampolino di lancio per migrare verso altre associazioni (FASI, associazioni escursionistiche, ecc. ecc.).

Mi piacerebbe che queste mie righe siano spunto di riflessione e non come spesso accade, travisate a mò di dito puntato verso qualcuno o qualcosa. Ho semplicemente notato che si offrono spesso servizi ai soci guardando solo il singolo ambito, senza spaziare, senza cercare di allacciare contatti tra le varie discipline, senza dare un aspetto decentemente continuativo ai corsi, senza portare quella cultura di "alpinisti" che ognuno di noi dovrebbe avere.

1 commento:

werwolf ha detto...

Condivido qusto intervento;
I "compartimenti stagni" non fanno certo bene, neanche gli approcci "specialistici" e riduttivi di chi si chiude stretto nella visuale limitata della sua disciplina, al punto da perdere di vista il contesto nella quale è immersa. E tuttavia, forse il male potrebbe rintracciarsi proprio in questo pressapochismo che a volte traspare nelle condotte dell'associazione; questo voler essere l'accesso al "tutto per tutti", un modo per offrire allettanti possibilità di approcciare una disciplina nel contesto montano a chiunque. L'offrire delle attività, piuttosto che essere riferimento per chi, da solo, sceglie di andare alla montagna. Trovo fortemente correlata questa tendenza, a quella materialistica della società odierna, quella del poter tutto avere, se lo si può acquistare; quella del tutto consumare, non per vero volere, ma solo perchè lo si può avere. Se questo è un modo per fare più tessere, io dico che quelle tessere non porteranno da nessuna parte...
(Tutto ciò senza polemica alcuna, ma come spunto per piacevoli e costruttive discussioni).